Sushi per due - Eros |
Immersa nell’atmosfera particolare del luogo, mi lascio cullare dalla dolce melodia giapponese, dai colori neutri e dalle luci soffuse. Un separè di legno e carta di riso ci regala un po’ di privacy nella sala dalle linee pulite, decorata con lampade, simboli orientali, candele e un giardino zen. L’acqua che scorre attira la mia attenzione, quasi sentissi il bisogno di purificarmi, di lavare le mani, il viso, il corpo. Il tocco della tua mano mi fa tornare alla realtà.
“E’ arrivato” Senza che me ne accorgessi, la cameriera dagli occhi a mandorla ha lasciato il manaita sul tavolo e si è dileguata in silenzio. I piccoli e straordinari bocconi di riso e pesce fanno bella mostra di sé sul tagliere di legno, in ogni foggia e colore, disposti con fantasioso e accattivante senso del gusto: uovo, gamberi, tonno, salmone, maki arrotolati con avocado, granchio, cetriolo, carota. Verso il tè verde nel mio e nel tuo bicchiere di porcellana, li alziamo e li portiamo alle labbra dopo aver fatto un piccolo brindisi a noi due e alla nostra storia che funziona. Mi hai portato qui per festeggiare questo primo anno insieme, scegliendo con cura il ristorante e sorprendendomi, perchè non ho mai provato prima di stasera la cucina giapponese. “O la ami o la odi” mi avevi detto prima di entrare. Tra poco mi renderò conto se hai ragione o no, e da quale parte starò io nel prossimo futuro.
Sorridendo mi insegni a tenere le bacchette tra le dita, mi ricordi che ogni gesto non è casuale, ma espressione di una sapienza e di una cultura lontane. Le bacchette servono per portare il sushi nel piatto, ma per mangiarlo si usano le mani: mi fai notare quanto questo contatto carnale sia un segno forte delle potenzialità sensuali e lussuriose di questo cibo. “Il sushi è un’esperienza erotica. Apri la mente e tutti i sensi, gustalo con ogni parte del tuo corpo. Lasciati guidare dal piacere e vedrai che lo amerai.” La sala è quasi vuota, ci sono altre coppie ma non badano a noi. Chiudo gli occhi e come una brava bambina obbediente seguo i tuoi insegnamenti. Mi lascio guidare dall’istinto, dai colori: scelgo una barchetta di riso ammantata di una sottile fettina color rosso intenso, così scuro da apparire quasi bruno. Mi dici che quello è tonno. Non lo credevo così rosso, il tonno. La porto con le bacchette sul piatto, stando attenta a non fallire e a non romperla, e ti guardo con aria trionfante. Ti vedo sorridere. Con la punta di una bacchetta prendi dal manaita un frammento da un mucchietto di una salsa verde dura che sta accanto a un altro mucchietto di colore roseo: ignoro che cosa siano entrambi. Mi suggerisci di assaggiarlo, avvicinandolo alla mia bocca. Io la apro, fiduciosa, e con la lingua lo raccolgo. Il fuoco. Bevo una sorsata di tè verde per cancellare il suo terribile sapore. “E’ wasabi” mi confessi ridendo. Mi spieghi quanto sia piccante questo rafano giapponese, e come sia meglio gustarlo sciogliendolo nella salsa di soia. Non potevi dirmelo prima, vero? Ti osservo mentre decidi da quale sushi cominciare. Mi piace quando giochi con me, ma ora sei sleale, mi stai sfidando su un terreno che non conosco. Cercherò di inventarmi qualcosa e di essere più scaltra, visto che non conosco la materia in cui tu sei maestro.
Mi versi nella ciotola la salsa mentre io prendo tra l’indice, il pollice e il medio il pezzo di sushi che ho scelto. Lo intingo lentamente, cercando di fare subito miei quei gesti secolari di cui prima mi parlavi con tanto trasporto. Lo metto in bocca tutto, senza masticare. Mi lascio coccolare dalle sensazioni. Sento sul palato la morbidezza del tonno crudo e sulla lingua il sapore della salsa di soia. Il riso bianco imbevuto del liquido di colore scuro si scioglie, mi scivola in gola e deglutisco con un brivido di piacere. Non credevo che fosse così semplice innamorarsi di un sapore, o forse non volevo crederlo. Ancora. Ne voglio ancora.
Ti guardo mentre giocherelli malizioso con la fettina di salmone che riveste il pezzo scelto da te per iniziare la succulenta cena. “E’ così roseo e delicato, Lisa... mi ricorda te” mi dici, prima di serrare tra le labbra la barchettina invitante. La tieni così, come se fosse il centro del mio piacere. Lo fai tante volte con me, quando mi abbandono sul letto e mi lascio cullare dal ritmo della tua lingua. Lo so che il tuo è un invito, lo so che è una provocazione. Decido di non risponderti e ti sorrido ambigua, ma solo per un attimo. Allungo le bacchette verdi e lucide e afferro un rotolino di alga nori, nera come la pece: è quello col granchio e le verdure, lo adagio nella scodellina di salsa di soia e faccio per portarlo alla bocca, quando vedo la tua mano che mi precede e mi ferma. “Con le dita, Lisa, non dimenticare di usare le dita. Succhia prima lo zenzero, ti preparerà per il boccone successivo senza mischiare i sapori. Lo renderà ancora più speciale.” Lo dici con naturalezza e sei così invitante e convincente che dimentico lo scherzo di poco fa e lascio il rotolino nel piatto. Guardo quello che raccogli dal tagliere di legno, socchiudo le labbra, inizio a succhiare avidamente e in modo quasi sconcio la sottilissima fettina di zenzero rosa che mi porgi dalle tue dita. Ha un sapore pungente, particolare, che diventa man mano più dolce: mi ci abituo subito, un po’ come quando ti ho assaggiato la prima volta. Ora sono io a provocarti, facendo scivolare sulla lingua anche il tuo dito, impedendoti di andartene. Mi sorridi lanciando occhiate furtive attorno a te, controllando se qualcuno ci guarda. Sei in mio potere, ma all’improvviso ti libero dalle mie labbra trattenendo solo la fettina rosa. Finisco di succhiarla, poi con un gesto delicato la porto dalla mia bocca al piatto e con le dita prendo il rotolino di alga che mi aspettava. Lo gusto e avevi ragione, mi godo di più il suo sapore, esaltato dalla nota leggermente piccante che sento ancora in bocca. Chiudo gli occhi e di nuovo sento quel brivido lungo la schiena. Sì, me ne sono innamorata.
“Te l’avevo detto che ti sarebbe piaciuto” mi dici con un sorrisetto condito da una sana dose di compiacimento che non riesci a nascondere. Lo dici perchè mi conosci o credi di conoscermi così bene, dopo un anno e mezzo. Sei sulla buona strada, non c’è alcun dubbio, ma è ancora lunga e piena di sorprese, ne sono certa. Mi porto alla bocca una barchetta di riso con un gamberetto, seguendo diligente il rito del bagno nella salsa di soia, e lascio fuori la codina spingendola in alto con la lingua. Ridi. Adoro quando ridi. “Sacrilega! Così facendo sminuisci un gesto secolare!” mi sgridi, ridendo ancora. Di nuovo mi inonda improvviso il piacere del gusto del pesce, unito a quello del riso e della soia. Potrei continuare così per ore ed ore. E intanto continuo a versare il tè verde bollente nei nostri bicchieri di porcellana.
Riparati dal separè in carta di riso, ci coccoliamo imboccandoci a vicenda, pregustando coi sapori che lecchiamo via l’uno dalle dita dell’altra la serata che ci aspetta dopo. Ispirata dal gusto e dai gesti che sto imparando e in cui divento sempre più brava ad ogni boccone, ti lancio una lunga occhiata languida senza parlare. Poi la domanda spiazzante. “Brad, è vero che in Giappone le ragazze usano il loro corpo nudo come manaita, per servire il sushi ai loro uomini?” Ho deciso: questa sera il gioco lo vinco io.
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