La videocamera - Eros |
“Non capisco questa tua ostinazione, era così necessario comprare una videocamera?” Se ripenso a questa frase, detta sull’onda di un’emozione due mesi fa a Brian, sorrido e mi ricordo che ero davvero una stupida. Ora non potrei farne a meno, almeno credo. E’ diventata una dipendenza, una fissazione forse, una sorta di malattia, ma poi mi ripeto che non faccio del male a nessuno, non facciamo male a nessuno noi due, con quella videocamera. Ci divertiamo, semplicemente. E non è un male divertirsi, no?
Tutto è cominciato il giorno prima del mio venticinquesimo compleanno: Brian arriva da me, esultante, esclamando “Ho trovato finalmente il regalo da farti... sarà una bella sorpresa, vedrai”. Lui non è stato certo l’unico uomo della mia vita, ma è sicuramente stato l’unico che mi ha compresa fino in fondo. Completamente. Non l’avevo capito nell’immediato, ma ora sì, l’ho ben chiaro. Il giorno dopo si presenta con un bellissimo pacco rosso scarlatto, avvolto da un nastro di raso bianco, dicendomi “Aprilo, e vedrai”.
“Una videocamera?” lì per lì ero rimasta a dir poco stupita, un po’ delusa: nel mio cuore pensavo di trovare un completino sexy o qualcosa di più intimo, di cui potessimo godere in due. Forse si aspettava che lo ricambiassi con un sorriso raggiante, ma il mio viso aveva sicuramente tradito i miei pensieri più nascosti, perchè Brian si era messo subito a descrivermi con trasporto il suo funzionamento, lo zoom, la luce, la registrazione, gli effetti... quasi a cercare di convincermi che era un ottimo acquisto e un onore per me riceverlo in dono. Nulla da fare. “Ma che ci faccio io con questa? Abbi pazienza, non sono nemmeno capace di tenere in mano una macchina fotografica, figurati se mi metto a usare una videocamera!” “Puoi sempre imparare, amore...”
Ho imparato. Mi considero anche brava, come regista, più come protagonista a dire il vero. Mi diverto a farmi filmare, lo trovo eccitante da morire. Brian ha sempre saputo della mia intrinseca natura esibizionistica: l’ha omaggiata in questo modo, ora lo so. Quello che amo di lui è che non la soffoca, ma la cura e la coltiva come qualcosa di veramente prezioso. Era questo che non avevo capito, due mesi fa, quando si era presentato a me con quel dono. E’ per questo che sono ormai così sicura che è lui l’uomo della mia vita. Ha saputo vedere e leggere dentro di me una potenzialità, un’attitudine che anche a me era rimasta celata per lungo, lunghissimo tempo. Questo è amore?
La prima volta che è accaduto non ho sentito imbarazzo, ho sentito altro: Brian, innocentemente, “per provare” aveva detto lui, mi aveva chiesto di fare uno spogliarello. Io non ero convinta, ma su sua insistente dolcezza avevo cercato di lasciarmi andare, tentando di non pensare a quella videocamera. Ma più mi sforzavo, più il pensiero che tra me e lui ci fosse un corpo estraneo che prima non esisteva mi infastidiva: quell’oggetto piccolo e lucente, quel terzo incomodo, quell’obiettivo che si avvicinava invadente e poi si allontanava intimorito, mi rendeva nervosa. A tempo di musica scivolavano via i miei indumenti uno dopo l’altro, ma quell’occhio rimaneva lì, tra me e lui, a farla da padrone. Lo trovavo artificioso, inutile. Mi accarezzavo la pelle liscia delle cosce abbronzate per togliermi le calze autoreggenti, girandomi a guardare le reazioni di Brian, aspettandomi di vederlo con lo sguardo pieno di desiderio, ma mi ritrovavo sempre davanti questa protuberanza molesta che mi impediva di riflettermi nei suoi occhi, e mi celava la vista che più mi interessava. Era oltremodo irritante. Che cosa poteva trovarci di così eccitante in quell’arnese... non capivo. Mi sentivo ridotta, filtrata, come se quello che veniva immortalato nella memoria di quell’aggeggio fosse un surrogato di me stessa, della mia sensualità e questo, forse, inconsciamente mi umiliava. “Che succede?” la sua domanda a bruciapelo mi aveva bloccato: se n’era accorto. La cosa mi aveva sollevato. “Non mi sento adatta sai?” “Ma amore, ma se sei bellissima...” Mi ero avvicinata a lui appoggiando il ginocchio destro tra le sue gambe e spostando la videocamera dal suo viso, per poterlo baciare: mentre assaggiavo le sue labbra potevo sentire bene il rigonfiamento che mi sfiorava la pelle, potevo toccare il risultato della mia danza. “Tieni le scarpe, voglio possederti così... ora” “Spegnila, però...” avevo risposto indicando l’estranea. “E perchè? Togliersi il gusto proprio ora?” poi aveva aggiunto...
“La cosa più eccitante è quando dopo ti riguardi...”
La frase di Brian aveva rimbombato nel mio cervello senza preavviso, avevo capito che finalmente si era acceso qualcosa in me. L’impaccio in un solo attimo si era trasformato in curiosità. Una curiosità bruciante. Che cosa voleva dire? Quella curiosità aveva abbassato ogni mia resistenza, la nemica si era trasformata all’improvviso in un’alleata. Dovevo sapere, e solo lei poteva darmi le risposte che cercavo. La videocamera accesa, appoggiata al letto e puntata su di noi, aveva filmato ogni cosa: le sue mani sui miei piedi, ad accarezzare con le dita i tacchi vertiginosi, la sua lingua sul mio seno, sui miei capezzoli turgidi, le mie cosce chiuse attorno al suo collo mentre con le sue labbra mi succhiava il clitoride, avidamente. E poi il suo sesso fremente e rigido che premeva sul mio ventre, che mi penetrava prima con dolcezza e poi sempre più con foga. Infine il mio orgasmo liberatorio, la mia bocca rosso fuoco schiusa in un grido di piacere, e lui, che mi inondava di liquido caldo il collo. Un amplesso intenso, avido, consumato in fretta.
La tengo tra le mie mani ora, la riconosco, è proprio in questa cassetta la nostra “prima volta”: catalogata insieme alle altre, “g.a.m.e. #1”, la prima di una lunga serie. Eravamo esausti dopo quei minuti di sesso, ma era bastato uno sguardo d’intesa, e Brian mi aveva fatto la fatidica domanda: “Vuoi rivederti subito? Non vuoi nemmeno aspettare?” Aspettare che cosa? Credevo di morire dalla voglia di rivedermi. “No, adesso...”
Avevo atteso che collegasse la videocamera alla televisione in camera da letto: lo guardavo mentre svolgeva nudo il suo compito, tra i cavi e le prese, sdraiata sul letto. Dentro di me qualcosa premeva, una sensazione che conoscevo bene. L’avevo provata le prime volte che Brian mi possedeva. Era la sensazione della novità, era come se attendessi di conoscerlo nuovamente. Seduto accanto a me, mi accarezzava la schiena mentre i miei occhi erano immersi nelle immagini di noi due che come mossi da una Furia ci amavamo, si perdevano nei gesti che solo pochi minuti prima avevamo compiuto lì, sul bordo di questo letto: era come assistere all’amplificazione di me stessa, di noi. Io, che fino a poco fa mi ero sentita ridotta, depredata della mia sensualità, attraverso gli occhi di quella stessa videocamera mi rivedevo più grande, più forte, più sexy che mai. Il mio respiro davanti a quelle immagini di sesso, dove io ero la protagonista assieme al mio uomo, si era fatto più affannoso, avevo allungato la mano all’inguine di Brian e avevo sentito la sua virilità tradire l’eccitazione. Mi ero chinata su di lui, accarezzandogli con la lingua il membro e prendendolo tra le labbra, e lo sentivo pulsare sempre di più grazie al mio sapiente lavoro, mentre lui si godeva un’altra me stessa muoversi sullo schermo e mi accarezzava i capelli sciolti. Lo confesso, in quel momento mi sono sentita una vincitrice.
In quel momento ho capito che cosa intendeva, con quella frase... “La cosa più eccitante è quando dopo ti riguardi...” In quello stesso momento abbiamo rifatto l’amore, guardandoci e riguardandoci. E abbiamo continuato, una volta finito il filmato, mentre lo schermo della televisione si colorava di nero. Quando esausti ci siamo buttati l’uno tra le braccia dell’altra, nulla era più come prima, non poteva esserlo.
E’ diventata indispensabile: non ce ne separiamo mai. Quando usciamo, quando rincasiamo dal lavoro, quando passiamo le domeniche a casa, la videocamera è sempre con noi. Io e Brian ci divertiamo a filmarci, soprattutto io. Ma a volte non siamo soli. In questa cassetta, “g.a.m.e. #5”, ho diviso la scena con Mary, la mia migliore amica: è stato un caso, lei si trovava nella mia città per lavoro, ho preparato in suo onore una cena a base di pesce in cui sono stati versati fiumi di vino bianco, e ci siamo ritrovati a raccontarci di questa nostra nuova passione per i mini filmati. L’idea le è piaciuta e quando Brian le ha proposto per scherzo di apparire al mio fianco non ha saputo dire di no. So che non era propriamente uno scherzo, ma lui l’ha voluto far apparire tale. Mary è stata naturale, sin da subito, d’altro canto tra le due la più disinibita è sempre stata lei. Quando io e il mio uomo abbiamo rivisto questo filmato non ci siamo fermati sino al mattino: Brian adora vedermi con le altre donne, gli provoca un’eccitazione grandissima, e ho scoperto che anche a me piace. A volte mi chiedo se sarebbe stato lo stesso, se sarebbe mai accaduto qualcosa tra me e Mary se non ci fosse stata questa videocamera a spianare la strada. Regala opportunità imprevedibili.
Intanto, meticolosa, tengo in ordine l’archivio in previsione di altri arrivi: a volte mi chiedo che cosa accadrebbe se dovessi scoprire una cassetta sconosciuta, o se al contrario fosse proprio Brian a trovare un filmato che io sola ho girato. Chissà, probabilmente verrebbe considerato alla stregua di un tradimento. Non c’è accordo, non c’è mai stato, ma sono convinta che mi farebbe male vedere che il nostro gioco possa trasformarsi in un gioco individuale, e credo che deluderebbe anche lui se iniziassi singolarmente e senza chiederglielo. Preferisco non farlo. Rovinare tutto per essere regista e protagonista insieme? Non sono egocentrica fino a questo punto.
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